FAVOLETTA



IO. Ovvero la storia del bambino con le rane nella pancia.
La nonna mi diceva sempre di non bere troppa acqua se no mi sarebbero nate le rane nella pancia.
Il bambino, che ero io, passava il sui giorni a raccogliere e catalogare piume di volatili sul terrazzo, e non ci credeva più di tanto, pensava che fossero solo le fantasie di una vecchia pazzerella e forse anche un po’strega.
Nascosto dietro i bidoni dell’acqua condominiale, tra una piuma e l’altra, trangugiavo tutti i giorni, litri e litri d’acqua piovana, poi, con un bicchiere appoggiato alla pancia, cercavo di scoprire se la nonna aveva ragione.
Una mattina di settembre, la pancia del bambino, che ero io, che nell’estate era diventata enorme, aveva iniziato a sobbalzare.
Preso dal panico e con la paura che la nonna mi scoprisse decisi di nascondermi e tirare fuori, da solo, le rane dallo stomaco.
Corsi dalla bambina dai tanti occhi, e chiesi aiuto a lei.
Mi disse che vedeva chiaramente che la mia enorme pancia era piena di verdi e gracchianti ranocchie, e mi consigliò di mangiare un gelato, al pepe verde e aglio fresco, un dolce che le rane non sopportavano, cosi che disgustate, sarebbero saltate fuori starnutendo, e mi avrebbero abbandonato per sempre.
Intanto le rane avevano iniziato un concerto all’interno della pancia e dalla bocca mi uscivano rumorosi rumori che attirarono il bambino spaghetto, un mio amico, sottile e filiforme, che mi propose di infilare un suo affusolato braccino in gola e cercare d’acchiappare cosi le chiassose rane.
La soluzione mi sembrò alquanto migliore, di quella del disgustoso gelato, ma quando mi disse che una volta, catturate, le avrebbe mangiate volentieri, non la trovai così bella.
Un po’ perché le rane erano le mie, e poi non avevano fatto del male a nessuno, perciò non meritavano di finire in padella.
Ero lì che meditavo cosa fare per invogliare le chiassose rane ad uscire pacificamente dalla mia pancia, quando la bambina dai tanti occhi propose di fare una fotografia di gruppo, le rane, si sa, sono molto presuntuose e sapendo che ci sarebbe stata una foto di gruppo mai avrebbero rinunciato ad apparire.
Così fu.
Appena la bambina dai tanti occhi tirò fuori e sistemò la macchina fotografica, le rane uscirono, spingendosi, dalla mia bocca per riuscire meglio delle altre nella foto.
Da quel giorno nessuna rana fu mai mangiata, e io non bevvi più tutta quell’acqua.







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